09 2003 Che significa oggi autonomia?Non soggetto ma soggettivazione Non
intendo fare una ricostruzione storica del movimento
di autonomia, ma solo cercar di comprendere la sua specificità
storica attraverso una rivisitazione di concetti come
rifiuto del lavoro e composizione di classe. I giornalisti
usano la parola operaismo per definire un movimento
politico e filosofico che apparve in Italia durante
gli anni 60. A me non piace questo termine perché riduce
la complessità della realtà sociale al mero dato di
una centralità degli operai industriali nella dinamica
sociale della tarda modernità. La centralità della classe
operaia è stato un grande mito politico del ventesimo
secolo, ma il problema che ci dobbiamo porre è quello
dell'autonomia dello spazio sociale dal dominio capitalistico,
e quello delle differenti composizioni culturali, politiche,
immaginarie, che il lavoro sociale elabora. Perciò io
preferisco usare l'espressione composizionismo, per
definire questo movimento di pensiero.
Autonomia e deregulation C'è
un altro aspetto dell'autonomia che è stato poco approfondito
finora. Il processo di autonomizzazione di lavoratori
dal loro ruolo ha provocato un terremoto sociale che
ha a sua volta scatenato la deregulation capitalistica.
La parola deregulation fa la sua comparsa sulla scena
ideologica alla fine degli anni Sessanta, e interpreta
uno spirito destrutturante che discende dal pensiero
libertario e antiautoritario dei decenni precedenti.
C'è tutta una tradizione del de-reglement che corre
lungo le filiere della cultura hippy libertaria californiana,
del pensiero autonomo italiano e dell'epistemologia
desiderante francese che predica l'autonomia della dinamica
sociale dal dominio statale e autoritario. Il liberismo
raccoglie la spinta di queste culture e la trasforma
in fanatismo dell'economia. L'autonomia sociale ha scatenato
le potenze del sapere e dell'immaginazione collettiva,
ma il liberismo traduce questa liberazione sul terreno
paranoico della competitività. Il
movimento di autonomia negli anni 70 mise in moto un
processo pericoloso, ma indispensabile. Un processo
che si sviluppò dal rifiuto sociale del dominio capitalista
alla vendetta capitalista che prese forma di deregulation,
libertà dell'impresa da ogni controllo statale, distruzione
delle protezioni sociali, riduzione ed esternalizzazione
della produzione, taglio della spesa sociale, detassazione,
e, finalmente, flessibilizzazione. Il movimento di autonomia
mise in moto effettivamente la destabilizzazione del
contesto sociale uscito da un secolo di pressioni sindacali
e di regolazione statale. Commettemmo noi forse un terribile
errore? Dovremmo pentirci delle azioni di dissenso e
di sabotaggio, di autonomia, di rifiuto del lavoro che
sembrano aver provocato la deregulation capitalista?
Deregulation
non significa solo emancipazione dell'impresa privata
dalla regolazione di stato e riduzione della spesa pubblica
e delle protezioni sociali. Significa anche flessibilizzazione
del lavoro. La realtà della flessibilità del lavoro
è l'altra faccia di questo tipo di emancipazione dalla
disciplina capitalista. Non dovremmo sottovalutare il
collegamento tra il rifiuto del lavoro e la flessiblizzazione
che lo ha seguito. Negli ultimi decenni l'informatizzazione del macchinario ha giocato un ruolo cruciale nella flessibilizzazione del lavoro insieme alla intellettualizzazione e immaterializzazione dei principali cicli di produzione. L'introduzione delle nuove tecnologie elettroniche e l'informatizzazione del ciclo produttivo ha aperto la strada alla creazione di una rete globale di infoproduzione, deterritorializzata, delocalizzata e s-personalizzata. Soggetto del processo lavorativo sociale è divenuto sempre più la rete globale di info-produzione, e il tessuto umano delle persone che lo compongono si è frammentato fino a dissolversi. Non ci sono più esseri umani che lavorano, ma frammenti temporali assoggettati al processo di valorizzaizone, atomi di tempo ricombinati nel ciclo produttivo globale. I lavoratori industriali avevano rifiutato il loro ruolo nella fabbrica, e in questo modo avevano guadagnato libertà e autonomia dal dominio capitalista, dal controllo sul loro tempo di vita. Ma questa situazione ha condotto i capitalisti a investire in tecnologie che risparmiano lavoro, ed a cambiare la composizione tecnica del processo lavorativo, per poter espellere gli operai industriali e le loro forme di organizzazione autonoma, per poter creare una nuova organizzazione del lavoro che potesse essere più flessibile.
Ascesa e caduta dell'alleanza di lavoro cognitivo e capitale ricombinante Intellettualizzazione
e immaterializzazione del lavoro sono una faccia del
mutamento delle forme di produzione sociale. L'altra
faccia è la globalizzazione planetaria. Immaterialità
e globalizzazione sono due facce complementari.
La globalizzazione è un processo che implica
aspetti di pesante materialità, perché il lavoro industriale
non sparisce nell'epoca postindustriale, ma emigra verso
le zone geografiche in cui è possibile pagare bassi
salari, e in cui la legislazione non protegge il lavoro
e favorisce la libera impresa anche a scapito dell'ambiente
e della società. La prospettiva dell'estensione planetaria
del processo di produzione industriale era stato previsto
da Mario Tronti in un articolo uscito nell'ultimo numero
della rivista Classe operaia, nel 1967. Tronti aveva
scritto: il fenomeno più importante dei prossimi decenni
fino alla fine del secolo ventesimo sarà lo sviluppo
della classe operaia su scala planetaria globale. Questa
intuizione non era fondata sull'analisi del processo
di produzione capitalistico, ma era basato sulla comprensione
delle trasformazioni nella composizione del lavoro.
La globalizzazione e l'informatizzazione potevano essere
previsti come un effetto del rifiuto del lavoro nei
paesi industriali dell'occidente. L'ideologia
libertaria e liberale che dominava la cibercultura (soprattutto
americana) negli anni 90 idealizzava il mercato presentandolo
come un ambiente puro. In questo ambiente, naturale
come la lotta per la sopravvivenza del più forte che
rende possibile l'evoluzione, il lavoro trova i mezzi
necessari per valorizzarsi e per divenire impresa. Una
volta lasciato alla sua dinamica, il sistema economico
di rete era destinato a ottimizzare i profitti economici
per tutti, proprietari e lavoratori, anche perché la
distinzione tra proprietari e lavoratori diveniva sempre
più impercettibile quando si entra nel circuito produttivo
virtuale. Le dotcom sono state il laboratorio di sperimentazione di un modello produttivo e di un mercato. Alla fine il mercato è stato conquistato e soffocato dalle corporation monopolistiche, e l'esercito degli auto-imprenditori e dei microcapitalisti di ventura è stato rapinato e dissolto. Così una nuova fase è cominciata: i gruppi che sono divenuti predominanti nel ciclo della net-economy forgiano un'alleanza con il gruppo dominante della old-economy (il clan mafioso di Bush o di Berlusconi, l'industria militare o quella del petrolio ecc.), e in questa fase si manifesta un blocco del processo di globalizzazione produttiva. Il neoliberismo ha prodotto la sua negazione e coloro che erano i suoi più entusiasti sostenitori sono diventate le vittime marginalizzate. Con il dotcom-crash il lavoro cognitivo si è separato dal capitale. Gli artigiani digitali, coloro che negli anni novanta si sono sentiti imprenditori del proprio lavoro, si accorgeranno poco alla volta di essere stati raggirati, derubati, espropriati, e questo creerà le condizioni di una coscienza di tipo nuovo dei lavoratori cognitivi. Questi si renderanno conto che pur possedendo tutta la potenza produttiva, sono stati espropriati dei suoi frutti da una minoranza di speculatori ignoranti ma abili a maneggiare gli aspetti legali e finanziari del processo produttivo. Il ceto improduttivo della classe virtuale, gli avvocati e i ragionieri, si appropriano del plusvalore cognitivo prodotto dai fisici dagli informatici, dai chimici dagli scrittori e dai mediaoperatori. Ma questi possono separarsi dal castello giuridico e finanziario del semiocapitalismo, e costruire un rapporto diretto con la società, con gli utenti: E allora inizierà forse il processo di autorganizzazione autonoma del lavoro cognitivo. Un processo che del resto è già in atto come dimostrano le esperienze del mediattivismo, e la creazione di reti di solidarietà per il lavoro migrante. Era per noi necessario attraversare il purgatorio delle dotcom, l'illusione di una fusione tra lavoro e impresa capitalista, e anche l'inferno della recessione e della guerra infinita, per poter veder emergere in problema in termini chiari. Su un piano il sistema inutile e ossessivo dell'accumulazione finanziaria e la follia della privatizzazione della conoscenza pubblica, l'eredità della vecchia economia industriale. Dall'altra parte il lavoro produttivo sempre più iscritto nelle funzioni cognitive della società. Il lavoro cognitivo comincia a vedersi come cognitariato, e comincia a costruire istituzioni di conoscenza, di creazione, di cura, di invenzione e di educazione che sono autonome dal capitale.
Frattalizzazione psicopatia suicidio Nella
net-economy la flessibilità si è evoluta in una forma
di frattalizzazione del lavoro. Frattalizzazione significa
frammentazione del tempo di attività. Il lavoratore
non esiste più come persona. E' soltanto un produttore
intercambiabile di micro-frammenti di semiosi ricombinante
che entra nel flusso continuo della rete. Il capitale
non paga più la disponibilità del lavoratore ad essere
sfruttato per un lungo periodo di tempo, non paga più
un salario che copra l'intero campo dei bisogni economici
di una persona che lavora. Il lavoratore (macchina che
possiede un cervello che può essere usato per frammenti
di tempo) viene pagato per la sua prestazione puntuale,
occasionale, temporanea. Il tempo di lavoro è frattalizzato
e cellularizzato. Le cellule di tempo sono in vendita
sulla rete, e le aziende possono comprarne tanto quanto
ne vogliono senza impegnarsi in nessun modo nella protezione
sociale del lavoratore. Il lavoro cognitivo è un oceano
di microscopici
frammenti di tempo, e la cellularizzazione è
la capacità di ricombinare frammenti di tempo nella
cornice di un singolo semio-prodotto. Il telefono cellulare
può essere visto come la catena di montaggio del lavoro
cognitivo. E allora? Non ho risposte da dare. Quel che possiamo fare è solo quello che stiamo effettivamente già facendo: L'autorganizzazione del lavoro cognitivo è la sola via per andare oltre il presente psicopatico. Non credo che il mondo possa essere governato dalla ragione. L'utopia dell'Illuminismo è fallita. Ma penso che la disseminazione di conoscenza autorganizzata possa creare la cornice sociale di un numero infinito di mondi autonomi. Il processo di creazione della rete è così complesso che non può essere governato dalla ragione umana. La mente globale è troppo complessa per essere conosciuta e padroneggiata da menti localizzate subtotali. Non possiamo conoscere, non possiamo controllare, non possiamo governare l'intera forza della mente globale. Ma possiamo governare il processo singolare di produzione di un mondo singolare di socialità.Questo è oggi autonomia. |
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